da
dp – Notizia di questi giorni è la proposta
leghista di graduatorie regionali per i docenti precari alle quali
accedere con certificato di residenza. Una proposta che piace a molti,
sebbene silenzionsamente, e fa alzare scudi sdegnati. Alla base di tale
proposta vengono accampati presunti fenomeni che destabilizzerebbero le
scuole del nord. Ad esempio la mobilità territoriale da nord a sud che
sarebbe causa dell’interruzione della continuità didattica. Insomma,
questi docenti del sud prima vanno al nord a rubare i posto ai locali,
poi fanno domanda di rientro a sud, a casa propria, lasciando scoperte
le cattedre da poco occupate. Balle, nessuna notizia può essere più falsa. A dimostrarlo è uno studio della Fondazione Agnelli, che evidentemente è sconosciuto ai parlamentari leghisti che hanno fatto della mobilità la bandiera per una regionalizzazione dell’arruolamento dei docenti.
La Fondazione Agnelli ha studiato i flussi della mobilità relativi
all’anno 2009/10 chiedendosi "quanto effettivamente pesano i
trasferimenti di riavvicinamento alla propria regione d’origine di
docenti del Sud che insegnano nelle scuole del Nord, un flusso a cui
sovente si imputano importanti responsabilità nelle interruzioni della
continuità didattica?"
La risposta a tale domanda è stata: peso irrilevante. I trasferimenti
da nord a sud hanno riguardato appena il 2,5% di domande, con una
soddisfazione di appena lo 0,6%:
i docenti che nel 2009/10 si sono trasferiti da nord (Valle d’Aosta,
Piemonte, Liguria, Lombardia, Trentino, Veneto, Friuli, Emilia-Romagna)
a sud sono stati 691.
Una cifra irrisoria che non ha potuto di certo influire sulla qualità didattica.
Diverse invece le percentuali se si prende il considerazione la
richiesta di mobilità all’interno delle stesse regioni padane: il 95.5%
per il caso del Piemonte, il 93.6% per la Lombardia, il 96,2% per il
Veneto. Cifre considerevoli, ma che non riguardano i flussi da nord a
sud, ma quelli all’interno della regione stessa, causate sicuramente
non docenti del sud che hanno scarso interese a spostarsi da una
provincia all’altra di una stessa regione, ma da locali padani che,
avuto il ruolo in una provincia perchè più favorevole, tentano di
ritornare presso i propri cari, diritto da negare, secondo l’ideologia
leghista, soltanto ai docenti meridionali, a quello 0,6%.
Ci troviamo davanti ad un’ennesima mistificazione della realtà ai danni
dei lavoratori meridionali che ha come scopo la volontà di controllo
più diretto del flusso di migranti da sud a nord.
A questo punto sarebbe interessante poter accedere agli effettivi dati
di altri fenomeni che vengono attribuiti ai docenti meridionali e posti
alla base della discontinuità didattica, come i "falsi" certificati
medici o di invalidità. Convincimenti inculcati all’opinione pubblica
grazie a certa stampa compiacente che rema a favore di un’ulteriore
spostamento del potere decisionale verso le regioni del nord su tutti i
livelli, a partire dalla gestione delle risorse finanziarie (vedi
finanziamenti Expo milanese dirottati dai finanziamenti europei
destinati al sud), di risorse energetiche (vedi Sicilia hub energetico
ad uso e consumo delle idustrie del nord), e umane (non ultima la
gestione in ingresso dei docenti)