da l’unità
Via il valore legale della laurea: mette tutti i laureati sullo stesso piano, mortificando le qualità dei più bravi, ed è di ostacolo ad una ‘concorrenza virtuosa’ fra atenei, schiacciando verso il basso l’offerta formativa. Ne è convinto il deputato del Pdl Fabio Garagnani, primo firmatario di una proposta di legge che delega il governo a cambiare radicalmente aspetto, e funzioni, al fatidico ‘pezzo di carta’.
«Diversamente da quel che accade in altri Paesi -spiega il parlamentare del centrodestra- in Italia la laurea non costituisce un semplice titolo accademico, ma un vero e proprio certificato pubblico, consentendo la partecipazione a concorsi o l’esercizio di determinate professioni». Un retaggio del passato, dal momento che il valore legale della laurea è figlio di un regio decreto del 1933, confermato però dalla riforma universitaria del 2004. Il valore legale della laurea, sottolinea Garagnani, «sancisce un’uguaglianza che però non è sostanziale. Nei concorsi pubblici per i quali è richiesta la laurea, ciascun titolo di studio, qualunque sia l’università che lo ha rilasciato, ha lo stesso, identico valore. Il problema, però, è che le università preparano in maniera diversa, ma la legge afferma che tutti sono preparati in maniera eguale, con una forzata parificazione del titolo rilasciato dai diversi atenei, a prescindere dal contenuto formativo che sta dietro quel titolo».
«Questo -prosegue Garagnani- ha ricadute negative per il futuro di molti giovani che, insieme alle loro famiglie, sono indotti a pensare che in qualunque università investano le proprie risorse, le possibilità di impiego successive alla laurea siano le medesime. Ciò è, artificialmente, valido solo per la pubblica amministrazione, ma è falso per il settore privato che, attraverso i ranking internazionali, conosce bene il differente valore delle università». Insomma, mantenendo in vita il valore legale della laurea, le università italiane, con la parificazione dei titoli di studio, rischiano di diventare mere ‘fabbrichè di titoli, in assenza di una reale competizione tra un ateneo e l’altro. Abolire il valore legale della laurea «significherebbe ottimizzare la gestione delle risorse, eliminare sprechi, distorsioni e lauree ‘facili’, e porterebbe automaticamente ad una concorrenza virtuosa che riguarderebbe ogni aspetto saliente del sistema formativo universitario».
L’obiettivo, dunque, è quello di «un’offerta formativa di qualità e della promozione del merito. Con l’abolizione del valore legale della laurea si potranno accertare con maggior rigore le competenze professionali di ognuno, che prima erano considerate comunque acquisite sulla base del titolo di studio e di poter avere selezioni e concorsi basati sul merito piuttosto che sul ‘pezzo di cartà».
18 luglio 2010