La scelta della sede RAI come punto di ritrovo non è stata casuale: i manifestanti richiedevano una maggiore e più corretta visibilità mediatica alla loro protesta. Infatti, la distruzione della scuola e dell’università pubbliche e, con esse, del diritto allo studio garantito per tutt* non sembra costituire un problema o una tematica degna d’attenzione e di approfondimento per i media (anche per quelli che rivendicano quotidianamente di essere liberi). I pochi servizi televisivi e i pochi articoli giornalistici a riguardo sono poi permeati da ignoranza della materia e da becero allineamento alla propaganda del governo che fa passare come innovative una serie di (contro)riforme a costo zero che hanno come unico obiettivo l’aziendalizzazione e la svendita ai privati dell’istruzione pubblica. Certo, quanto a ignoranza in materia, i media hanno un modello nella nostra ministra dell’Istruzione, poco noto avvocato del bresciano fino a qualche tempo fa ed ora “arbitro in terra del bene e del male”. Ma questa non vale come giustificazione. Anzi…
Sotto una leggera pioggia, rappresentanti dell’università e della scuola pubbliche hanno esposto le loro rivendicazioni, diverse nei contenuti specifici, ma accomunate dalle medesime richieste generali: servono più finanziamenti e non riforme a costo zero; serve una migliore distribuzione dei soldi e maggiore trasparenza nella loro gestione; tutti i soggetti che studiano per la loro formazione o lavorano nel campo dell’istruzione (e non solo) hanno diritto ad essere meno ricattabili e meno esistenzialmente precari.
I manifestanti hanno poi deciso di portare a conoscenza della città le loro rivendicazioni e, tra le ire dei servi digossini di turno, hanno bloccato il traffico in viale Indipendenza per una decina di minuti. La fine dell’istruzione intesa come bene comune e la reintroduzione di un sistema formativo classista determinerà a lungo termine mutazioni profonde dell’intero tessuto sociale. Preoccupati per il blocco, i vertici RAI Umbria hanno a questo punto acconsentito a ricevere una delegazione di manifestanti che ha strappato loro la promessa di una futura intervista da mandare in onda.
L’importanza della manifestazione è da ricercarsi nella trovata unità tra docent* di ruolo e precar* della scuola, da un lato, e student* e precar* dell’università, dall’altro. L’attacco portato dal governo all’istruzione pubblica ha, infatti, una stessa matrice e gli stessi obiettivi: cancellare dal bilancio dello stato le voci ‘scuola’ e ‘università’ e approfittare della crisi per ristrutturare il sistema formativo, espellendone totalmente le parole ‘democrazia’, ‘partecipazione’, ‘diritto allo studio’.
Onda e Precar* della Scuola continueranno a far sentire la loro voce ovunque per reclamare una scuola e un’università gestite dal basso, gestite da chi le fa vivere e non da chi le vede solo come bacino elettorale o come un limone da spremere in tempi di crisi o, peggio, da chi le vede solo come fabbrica di produzione cognitivo-immateriale da usare per i propri fini.