Centinaia di migliaia di lavoratori in Italia sono tenuti in una condizione di precarietà per
pagare pensioni d’oro ai già ricchi manager. E poco importa che i
manager siano quelli delle banche che hanno generato la crisi economica
o quelli che, invece, hanno mal gestito enti pubblici indebitandoli a
tal punto da richiedere misure governative straordinarie attraverso
l’utilizzo di milioni di euro prelevati ai cittadini con le tasse.
Gli ultimi, quelli più poveri, mantengono i primi, i benestanti e i ricchi.
Nel frattempo il Governo approva tagli per 8 miliardi alla scuola pubblica
perché non ci sono soldi. Almeno così ci dice. Quello che non sappiamo,
però, se è vero che i soldi non ci sono, è perché si finanziano le
scuole private, frequentate dai figli delle famiglie più abbienti, con
generosi bonus in Lombardia e a Roma, guarda caso entrambi controllati
dal centrodestra.
Questa la dura e cruda realtà di un paese che non si vergogna ormai più di nulla.
Questa è la dura e cruda realtà di un paese che scarica sulle fasce più deboli della società costi, doveri e frustrazioni.
I dati forniti dall’Inps parlano chiaro e non lasciano spazio a dubbi. In
un articolo inviato a un giornale on line, un lettore cita i dati dei
tre fondi Inps che messi insieme danno un attivo di + 19,4 miliardi di
euro. Il problema è che l’attivo non è prodotto da tutte le categorie
di lavoratori.
Pare, infatti, che siano in attivo varie categorie di lavoratori dipendenti con + 6,8
ml/euro, i parasubordinati e precari vari con + 8 ml/euro, e il fondo
cassa integrazione, disoccupazione, malattia con + 4,6 ml/euro.
Sono in passivo, invece, il fondo dirigenti d’impresa – 3,2 ml/euro, e, a
seguire, le categorie dei coltivatori, – 5 ml/euro, i commercianti e il
clero.
Sappiamo tutti molto bene come i dirigenti d’impresa, ma anche i commercianti e la Chiesa, siano
le categorie di lavoratori più abbienti. Non è una regola, ma spesso è
così. Certamente lo è sempre per i manager.
Possiamo quindi sostenere che la parte più debole della società, quella, tanto
per capirci, con uno stipendio da fame, senza ammortizzatori sociali e
con una futura pensione sotto la soglia di povertà, stia facendo la sua
parte oltre misura.
I precari, infatti, sopportano un carico fiscale largamente sopra le reali
necessità della propria categoria di lavoratori per sostenere il tenore
di vita di chi soldi, privilegi e bella vita li ha già.
Noi precari della Scuola Pubblica Italiana siamo stanchi di essere
sfruttati e di pagare le tasse per mantenere i ricchi. Noi precari
diciamo basta!
Il trattamento che lo Stato ci riserva dopo anni di fedele servizio a basso costo e di
sfruttamento, sbattendo 140.000 lavoratori della scuola in mezzo alla
strada, ci indigna profondamente e, a tal punto, da farci vergognare di
essere cittadini di questo paese.
Ma siamo anche furiosi per il trattamento riservato agli altri lavoratori
precari e non del settore privato che sono stati abbandonati al loro
destino senza che lo Stato abbia fatto nulla per loro.
Cari politici, smettetela di occuparvi dei vostri affari e fate qualcosa per le sorti dei vostri cittadini.
Smettetela di fare pagare i costi di beni e servizi a chi i soldi non li ha!
Come padri e madri, inoltre, vogliamo che la scuola sia finanziata dallo
Stato, con i soldi delle tasse che paghiamo, che sia di qualità, sicura
e pulita.
Le ore di lezione, invece, sono state drasticamente ridotte alle superiori, la primaria e
la Scuola Media sono state smantellate, si sono ridotti del 50% i fondi
già predisposti dal precedente governo di centrosinistra per la messa
in sicurezza degli edifici scolastici e molte scuole non sono a norma
antisismica e/o antincendio.
Come se non bastasse, è della scorsa settimana la notizia che in Emilia Romagna, in seguito
ai tagli dell’attuale governo di centrodestra, ci sarà una riduzione
del 25% dei servizi riguardanti le pulizie dei locali scolastici e le
attività accessorie. Questo comporterà che, là dove i bidelli sono
pochi e devono correre da un edificio a un altro per tenere aperte le
scuole, per la vigilanza e la portineria, si puliranno gli spazi a
giorni alterni; ad esempio, un giorno il bagno dei maschi e quello dopo
delle femmine.
Non si tratta di uno scherzo, ma della trovata dell’ufficio scolastico regionale
dell’Emilia Romagna in conseguenza dei tagli alla Scuola Pubblica
Italiana.
Diteci voi se questo è degno di un paese civile. Diteci voi se in un paese che si ritenga
civile sia giusto licenziare lavoratori della scuola anche dopo 20 anni
di servizio prestato.
Pensate, inoltre, anche a cosa significhi essere precari e vivere sempre con la
tensione di non sapere se l’anno successivo lavorerai o tornerai nel
baratro della disoccupazione.
Non che quando lavori lo stress ti abbandoni mai. Il pensiero va, infatti,
spesso e volentieri ai mesi estivi in cui sei lasciato senza lavoro e
senza stipendio.
Rinunci così spesso e volentieri al cinema, alla pizza, alla partita e a tutto
quello che comporta delle spese. La vita va avanti e tu la guardi
passare dalla finestra di casa tua.
A volte ti chiedi perché e cos’hai fatto di male per meritarti tutto ciò dopo una vita spesa a studiare.
Ma non trovi risposte se non quella che appartieni a una generazione senza futuro.
Sì, questa è la nostra triste realtà. Noi siamo “sfigati”, come ha detto
giustamente una nostra collega ad Anno Zero, e non abbiamo un futuro!
Non abbiamo un futuro, però non per colpe nostre, ma perché qualcuno ce
l’ha rubato! Dobbiamo esserne tutti consapevoli.
Dobbiamo prendere coscienza del fatto che siamo stati ingannati e depredati da
chi, forte del potere concessogli dai cittadini, ha fatto in modo che
il proprio potere aumentasse, indifferente e incurante delle nostre
sofferenze.
In una società di cannibali come la nostra, dove il più forte divora il più debole, molti
sembrano essere ormai assuefatti al clima di violenza e ingiustizie da
cui è avvolta. Pochi si lamentano e, quando lo fanno, per essere
ascoltati devono umiliarsi salendo sul tetto delle fabbriche o degli
uffici scolastici provinciali per gridare il proprio disperato dolore
ed essere ascoltati.
Bene, cari sfruttati e generazione di sfigati senza futuro, è giunto il momento di
riprenderci quello che ci è stato tolto. E’ giunto il momento di dire
basta e di iniziare a lottare ogni giorno per i nostri diritti, sia
quelli che ci sono stati tolti e sia quelli che ci vorrebbero togliere,
come la libertà di manifestare il proprio dissenso e il diritto di
sciopero.
Non possiamo più aspettare.
Il limite di sopportazione è stato da qualche tempo ampiamente oltrepassato.
Noi cittadini siamo lo Stato e dobbiamo costringere i nostri politici ad ascoltarci.
Uniamoci e facciamo in modo che la nostra voce diventi un grido assordante che nessuno potrà più permettersi di ignorare.
A noi il compito di creare le basi per una società più giusta e più umana
che ristabilisca quegli equilibri tra i cittadini affinché nessuno, per
legge, sia più sfruttato e mantenuto per anni in una condizione di
precarietà.
A noi il compito di ridare a questo paese quel senso di giustizia sociale e di rispetto per le persone che, ahimè, ha smarrito.
A tutti i precari
con affetto
Coordinamento Precari Scuola Nazionale