«Basta così, non possiamo sopportare oltre». È scritto sullo striscione che apriva il corteo dei rivoltosi di Atene, stamattina, 15 dicembre. «La storia si scrive nelle strade» dice un manifesto attaccato dappertutto, e proprio nelle strade si segnalano già adesso i primi scontri. Gruppi di giovani staccatisi dai cortei hanno preso d’assalto le sedi di alcune banche e lanciando bottiglie molotov dato fuoco a diverse macchine. Fuori dal parlamento un ex ministro greco è stato inseguito e picchiato da dimostranti.
Primi fuochi dell’insurrezione europea. Un grande artista dei nostri tempi, un fotografo cortese che si chiama Tano d’Amico, a chi gli chiedeva se i rivoltosi di questi giorni gli ricordavano il ’68 o il ’77 ha risposto (genialmente) che gli ricordano i rivoltosi del 1848. La primavera dei popoli, per alcuni “la prima grande battaglia fra le classi in cui è divisa la società moderna” secondo Karl Marx.
1848. Prima di tutto, prima della demenza burocratica e totalitaria dei comunismi novecenteschi, prima dei fanatismi nazionalisti, quando l’autonomia della società dal capitale appariva nelle sue prime forme. Potenza infinta del lavoro, miseria del capitale. Ora siamo nuovamente a questo punto. L’infinita potenza del lavoro cognitivo e la miseria paranoide del capitalismo finanziario. E il luogo di questo rovesciamento del mondo è di nuovo l’Europa.
La generazione cognitaria che occupa le strade d’Europa in questi giorni non ha alcuna vocazione per la violenza. I precari cognitivi, ricercatori studenti scienziati poeti e artisti che hanno preso la strada, sono portatori di sapere, di innovazione, di educazione e di civiltà.
Le politiche liberiste e i governi mafiosi la civiltà la stanno distruggendo. E noi la dobbiamo difendere.
A questo scopo si è dovuto mettere in moto un processo inarrestabile di destabilizzazione delle politiche distruttive. Per questo a Londra come a Roma come oggi ad Atene abbiamo dovuto scendere in strada.
Il sindaco Alemanno, un capo manipolo che assume picchiatori come dirigenti comunali, ha dichiarato il suo stupore perché i manifestanti del 14 dicembre sembravano “organizzati ed esperti”. Certo che lo sono. I precari cognitivi sono gente esperta e organizzata per definizione, sono la generazione più esperta che la storia abbia mai conosciuto, perché sono costitutivamente interfacciati con la rete. E’ il popolo di Assange e di Anonymous, è il popolo di Luther Blissett. Ha un milione di facce e ne ha una sola, irriconoscibile perché cangiante, mutevole, indefinibile, imprendibile, in giudicabile.
E’ chiaro che l’establishment politico, economico e finanziario non ha alcuna intenzione di ascoltare: non capisce più nulla, ha il cervello in pappa. La sola cosa che sanno fare è accaparrarsi famelicamente risorse che non gli appartengono.
Non c’è nulla da discutere con questa classe dirigente, occorre esautorarla. Ignorarla, non rispettando la sua legge.
La senatrice Finocchiaro, acuta stratega del ventunesimo secolo ha chiesto: “chi sono tutti questi infiltrati, chi li ha mandati e chi li paga?”. Dovrebbe rassegnarsi all’amara realtà: il 14 dicembre a Roma c’erano centomila infiltrati. Quanto alla domanda “chi li paga”, il problema è proprio questo. Non li paga nessuno, eallora hanno deciso di mettersi in proprio.
Se la senatrice Finocchiaro è alla ricerca di qualche venduto farebbe meglio a guardare a casa sua, nel pozzo nero di Montecitorio, o nel pozzo grigiastro del suo partito.
Ci troverebbe ad esempio un tal Calearo, l’industriale che Veltroni ha proposto come simbolo del suo nuovo corso, il confindustriale che il PD ha portato alla Camera, che ieri ha votato per il suo nuovo benefattore.