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Atenei, ricercatori in trincea “Siamo alla guerra tra poveri”

Atenei, ricercatori in trincea "Siamo alla guerra tra poveri"

da repubblica.it

La Rete 29 aprile contesta la decisione dei rettori di ricorrere a docenti a contratto per sostituire chi si astiene dalla didattica. “Così si abbassa la qualità”. Venerdì una grande assemblea alla Sapienza di Roma

Un presidio di protesta alla Statale di Milano Anno accademico a rischio non solo a Bologna con il braccio di ferro tra rettore e ricercatori. Il fronte della protesta dei ricercatori indisponibili alla didattica cresce di ora in ora ed è presente a macchia di leopardo nei principali atenei pubblici italiani. Si stanno moltiplicando le iniziative di mobilitazione contro il disegno di legge Gelmini, per decidere quali altre forme di lotta intraprendere in un autunno che si preannuncia molto caldo per l’università. Il primo momento clou si avrà venerdì 17 alle ore 12, quando scadrà l’ultimatum del rettore dell’ateneo di Bologna: i ricercatori che non comunicheranno la propria disponibilità alla didattica saranno rimpiazzati da docenti esterni. Continued…

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Conflitti nell’università-fabbrica e il rettore dell’AlmaCrumiri

da infoaut.org

Sulla mobilitazione dei ricercatori e l’attacco del rettore di Bologna

Partiamo velocemente dai fatti: prima della conclusione del passato anno accademico, in tutta Italia si era sviluppata una mobilitazione dei ricercatori universitari. Mossasi di fronte ad una situazione sempre più drammatica, dove lo spettro della precarietà sempre più assillante, i meccanismi di cooptazione baronali, l’assenza di fondi, l’impossibilità a far ricerca, un carico di lavoro non retribuito in costante aumento, quel percorso era giunto all’estate dichiarando che l’autunno si sarebbe aperto all’insegna delle lotte, contro i provvedimenti governativi e questo contesto intollerabile.

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Bologna: l’Università modello Marchionne

da infoaut.org

Il Rettore di Bologna ha deciso di prendere di petto la questione dello sciopero dei ricercatori dovuto alle devastanti conseguenze della legge Gelmini. Decidendo di schierarsi dalla parte opposta, falliti tutti i tentativi di trovare un compromesso ad una situazione impossibile però da risolvere senza la cancellazione della legge e l’immissione di nuovi fondi nel sistema.

Dionigi ha fornito quindi un ultimatum ai ricercatori che minacciano di far saltare le loro lezioni: o entro venerdì firmeranno la disponibilità ad insegnare, altrimenti saranno sostituiti da professori a contratto. Una chiara mossa con la quale si ricattano tutte quelle persone che stanno dicendo un no deciso alla precarizzazione sempre più forte del loro ruolo nell’Università, un provvedimento da divide et impera contro la prospettiva del blocco della didattica paventata da ormai quasi la metà dei ricercatori Unibo.
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Di precarietà si muore

pubblicata da InfoAut il giorno mercoledì 15 settembre 2010 alle ore 18.36

La precarietà colpisce le vite di tutti e di ciascuno. Non sempre questi colpi arrivano direttamente e scopertamente. Può capitare che la minaccia continua del licenziamento costringa a lavori in condizioni di sicurezza nulle, ma capita anche ed è, a vari livelli, condizione largamente diffusa, che lo stato di continua ed irrimediabile insicurezza a cui si è costretti diventi insostenibile condizione esistenziale, un tossico che corrode poco alla volta ogni pulsione fino a portare ad una disperazione annichilente.

Così la morte di Norman Zarcone, che a 27 anni ha deciso di gettarsi dal settimo piano della facoltà di lettere e filosofia, non è una questione solo personale. Il padre ha avuto modo di parlarne come di un ‘omicidio di stato’, è un ottima definizione. Ad agire sulla sua vita rendendola alla fine insopportabile, un iter universitario ricco solo di umiliazioni e vicoli ciechi. Un dottorato di ricerca senza borsa, privo di una, benché minima, speranza di ottenere anche solo la parvenza di una stabilità. Un’esistenza condotta senza neanche la speranza di potersi costruire un progetto di vita, abbandonandosi alla contingenza, ostaggio di ogni accidente.

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Mobilitazione a Scienze- Unipg

Il 15 settembre nel consiglio di facoltà di scienze matematiche fisiche e naturali dell’università di perugia si è deciso di far slittare l’inizio delle lezioni al 18 ottobre come forma di protesta de* ricercator*.

parleremo della protesta de* ricercator* e delle forme di mobilitaizone durante la prossima assemblea student*- precar* si terrà martedi 21 settembre alle ore 17:30, appuntamento all’entrata della facoltà di scienze politiche.

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Blocco dell’attività didattica la lettera ai ricercatori

nota nostra: questa lettera dimostra, se ce ne fosse stata la necessità, che alla governance universitaria non interessano le rivendicazioni di chi vive e fa vivere l’università, ma interessa solo il quieto vivere e le briciole offerte dalla Gelmini. Non importa se * precar* non hanno diritti, l’importante è che l’anno accademico abbia inizio.

Di seguito la lettera integrale che i presidi di facoltà invieranno ai ricercatori. La risposta deve arrivare entro venerdì alle 12

Cari colleghi,

pur nella consapevolezza del grave disagio e delle difficoltà che i ricercatori stanno attraversando, sono a chiedervi – in conformità alla deliberazione unanime del Senato Accademico di quest’oggi – di confermare o meno la vostra disponibilità a garantire l’avvio delle attività didattiche che rappresentano un dovere dell’Ateneo nei confronti degli studenti e delle famiglie le quali, al pari nostro, stanno fronteggiando momenti di profonda crisi economica e sociale.
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La protesta: “Rettori, serve un altro rinvio delle lezioni”

da repubblica.it

La protesta dei ricercatori: nessuno all’appello per il corso di analisi ad Architettura. Deserto anche il bando per le 1.500 ore di didattica ad Economia Roda: senza risorse per assumere professori

di OTTAVIA GIUSTETTI

La protesta: "Rettori, serve  un altro rinvio delle lezioni"Non uno dei 36 docenti che servono per attivare le esercitazioni del corso di Analisi I, sarà presente all’appello del 12 ottobre ad Architettura, dove la protesta dei ricercatori ha raggiunto adesioni vicine al 100 per cento. Nessun professore ha risposto al bando della Facoltà di Economia per coprire le 1500 ore di didattica che restano scoperte. A Lettere, Psicologia, Medicina Veterinaria, Scienze della Formazione, Scienze, mancheranno dal 70 al 90 per cento dei ricercatori che normalmente sono titolari di corsi e che oggi, ufficialmente, chiedono un nuovo rinvio dell’inizio delle lezioni. Rinvio o addirittura stop. “La situazione in alcune facoltà, come Architettura, è irrecuperabile – dice Danilo Bazzanella, matematico, referente di ateneo per la Rete 29 aprile (la rete nazionale di protesta dei ricercatori) – non saranno bandite cattedre perché non ci sono soldi e tutti gli interni hanno dato forfait”. Continued…

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Maria Stella l’ottimista

di Christian Raimo da ilmanifesto.it

Alle volte, di questi tempi, in fila alle poste incantati dallo scorrere indolente dei numeri di led luminosi rossi sul display in alto sopra gli sportelli, o nella bolla condizionata di una macchina, nelle città che si rianimano a inizio settembre, si può provare una leggera euforia punk, da repubblica di Weimar, da quiete prima della tempesta. Con i rapporti dell’Ocse o degli altri paternalistici organismi internazionali che continuano a declassarci in classifiche dietro stati di cui conosciamo a malapena la collocazione geografica, con le pubblicità di finanziarie dai nomi bambineschi che sulle pagine delle free-press fanno a gara con quelle dei siti di scommesse on line, con i negozi di alimentari che chiudono e lasciano il campo alle sale giochi con le slot machine o ai rivenditori di oro a diciassette euro il grammo, si ha la sensazione di stare in un punto finale: prima o poi le famiglie non ce la faranno più a fare da paracadute sociale, prima o poi i sindacati non riusciranno più a opporre resistenza di fronte a una deregulation darwiniana del mercato del lavoro, prima o poi la scuola pubblica e l’università non avranno più il fiato per reggersi su delle forze sempre più volontaristiche.  Continued…

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I precari sono oltre mezzo milione Per assumerli tutti servono 30 anni


I precari sono oltre mezzo milione
Per assumerli tutti servono 30 anni

Precari in piazza

da corriere.it

Precario a 68 anni: se Giancarlo Montemarani non è ancora entrato nel Guinness dei primati, è soltanto per mancanza di una specifica classifica. Insegnante di francese in una scuola media di Macerata, ha passato tutta la vita senza poter diventare di ruolo finché nel 2007 l’hanno spedito in pensione. Soltanto facendo ricorso al Tar è poi entrato nelle graduatorie per uscire dal precariato. Ma il calvario, allarga le braccia chiamando in causa «i tempi biblici della giustizia amministrativa» il suo legale Narciso Ricotta, non è ancora finito. Montemarani è ancora lì, in attesa di poter andare finalmente in pensione, prima dei fatidici settant’anni, da «professore» non più precario. Buona fortuna. A lui e agli altri. Perché il punto è: quanti sono destinati a seguire il suo destino? Con l’aria che tira non sono pochi coloro che corrono il rischio di vedersi pensionare prima ancora di poter uscire da quella condizione. «Impossibile dire con esattezza quanto tempo servirà per assorbire tutti i precari. In alcuni casi, secondo i nostri calcoli, anche trent’anni e più», spiega Francesco Scrima, il segretario generale della Cisl scuola. Il quale prende a esempio il precariato nelle materne. Gli iscritti alle cosiddette graduatorie ad esaurimento per questo settore dell’istruzione sono 74.744. Una volta colmati i vuoti degli organici (circa 4 mila unità) e tenendo conto che d’ora in poi sarà possibile occupare al massimo soltanto i posti lasciati liberi dai pensionati, circa 2 mila l’anno, ciò significa che il serbatoio dei precari non si svuoterà completamente prima di trentacinque anni. Nel 2045. Non resta che augurare lunga vita agli ultimi della lista. Continued…

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Blocco della didattica all’Alma Mater “Sostituiremo i ricercatori che aderiscono”

Blocco della didattica all'Alma Mater "Sostituiremo i ricercatori che aderiscono"

da repubblica.it

La protesta contro la Gelmini costa caro: i ricercatori dell’Università di Bologna che non terranno lezione saranno rimpiazzati da docenti a contratto. Lo ha deciso il senato accademico inviando un ultimatum che scadrà venerdì alle dodici: “Non possiamo permetterci di bloccare corsi fondamentali”. La risposta: “E’ gravissimo”

La protesta contro la Gelmini costa caro: i ricercatori dell’Università di Bologna che aderiscono al blocco della didattica saranno sostituiti da docenti a contratto, almeno quelli dei corsi fondamentali. Lo ha deciso il Senato accademico all’unanimità. Sarà spedita una lettera a tutti i presidi di facoltà che a loro volta la gireranno ai ricercatori chiedendo se hanno intenzione di aderire al blocco della didattica o meno. La risposta dovrà arrivare entro venerdì alle 12 e chi non lo farà sarà considerato come non disponibile a fare lezione. Ogni facoltà spedirà i dati raccolti alla sede centrale che deciderà quanti e quali corsi coprire con bandi per docenti a contratto. La priorità è per i corsi fondamentali. I ricercatori: “Ci rimpiazzano, è gravissimo”.

La decisione. Tramite il prorettore alla didattica, Gianluca Fiorentini, l’Alma Mater fa sapere di avere fatto di tutto a sostegno dei ricercatori, a cui va “solidarietà politica e umana”. Insomma, “non c’è nessuna guerra”, ma chi si rifiuterà di fare lezione per protesta contro il Governo sarà rimpiazzato nella didattica. “Abbiamo il dovere di dare continuità all’attività formativa – giustifica Fiorentini – un conto è se diminuisce la qualità della didattica, un conto è il blocco totale delle lezioni. Il danno, non solo d’immagine per l’Ateneo ma anche sociale per le famiglie e la collettività, è enorme. Non possiamo creare questo danno in un momento così difficile”.
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Posted in Rassegna Stampa.