da ilsole24ore
A Bari a maggio gli studenti sono addirittura andati in strada a chiedere l’elemosina, per protestare contro l’aumento delle tasse universitarie. A Catania, nelle stesse settimane, si è accesa la polemica sul ritocco dei contributi, e il tema domina in molti altri atenei.
L’argomento tasse è ad alto rischio di polemica e propaganda, ma il problema esiste. Mentre si prospetta un taglio del 17,2% al fondo di finanziamento ordinario delle università per il 2011, che il ministro Mariastella Gelmini ha però promesso di attenuare (si veda anche Il Sole 24 Ore di ieri), quella di ritoccare i contributi studenteschi per far quadrare i conti è una tentazione per molti senati accademici.
Una tentazione peraltro non nuova, perché fra 2001 e 2007, mentre l’assegno statale aumentava del 18% e i contributi ministeriali alla ricerca erano fermi, le richieste economiche agli studenti sono cresciute in media del 53%. Più di tanto, però, non si può fare.
La legge impone agli atenei di non chiedere agli studenti una somma superiore al 20% di quello che ricevono dallo stato in termini di finanziamento ordinario. Già 25 atenei, però, nel 2009 hanno sforato il tetto, e con la riduzione del fondo statale il numero dei fuori quota promette di impennarsi: tutto il sistema, del resto, è ai limiti, perché in media nelle università statali i contributi valevano già lo scorso anno il 19,6% del finanziamento ordinario.
Urbino, anche per colpa del sottofinanziamento statale, addirittura arriva a doppiare il limite, seguito da Bergamo, dallo Iuav di Venezia e dal Politecnico di Milano (altro ateneo sottofinanziato, che però primeggia nella capacità di attrarre risorse esterne per la ricerca). Più lontani dai limiti gli atenei meridionali: al Politecnico di Bari i contributi si fermano al 9,4% del fondo ordinario, e pochi decimali sopra si attestano le università di Sassari, Foggia, Cagliari, Messina e Lecce. Continued…