da infoaut.org
Sulla mobilitazione dei ricercatori e l’attacco del rettore di Bologna
Partiamo velocemente dai fatti: prima della conclusione del passato anno accademico, in tutta Italia si era sviluppata una mobilitazione dei ricercatori universitari. Mossasi di fronte ad una situazione sempre più drammatica, dove lo spettro della precarietà sempre più assillante, i meccanismi di cooptazione baronali, l’assenza di fondi, l’impossibilità a far ricerca, un carico di lavoro non retribuito in costante aumento, quel percorso era giunto all’estate dichiarando che l’autunno si sarebbe aperto all’insegna delle lotte, contro i provvedimenti governativi e questo contesto intollerabile.
Molti dubitavano della reale determinazione dei ricercatori, tuttavia la settimana scorsa un’assemblea di quasi duecento ricercatori si era riunita, confermando la volontà a non svolgere attività didattica, che non compete loro per contratto (e che tuttavia viene spessissimo affidata loro..); le percentuali di adesioni a questa protesta oscillavano dal 50% in su in ogni facoltà.
Inoltre, ancor prima che il mondo della formazione riapra i battenti, tutti i settori, dalle elementari alle università, sono già entrati in agitazione. Dalla contestazione alla presenza della Gelmini a Bologna, fino al blocco dello Stretto di Messina agito dai precari della scuola, si preannuncia una forte riaccensione del conflitto attorno al nodo della formazione, con una radicalità inedita per gli ultimi anni.
Dopo dieci e più anni di attacco costante, di riforme e tagli che stanno costantemente impoverendo l’ambito di produzione e riproduzione formativa e culturale, sembra di essere arrivati ad un momento cruciale, una battaglia finale dalla quale non è possibile tornare indietro.
Di fronte a ciò, puntuali giungono le prime contromosse delle élite accademiche. Ad incominciare in maniera “spettacolare” è Dionigi, rettore dell’università bolognese. Il risultato paventato dalla lotta dei ricercatori, cioè un blocco di molti corsi, l’ha indotto a far votare al Senato accademico (con decisione all’unanimità) la decisione di spedire una lettera a tutti i presidi, che a loro volta la inoltreranno ai loro ricercatori, chiedendo se hanno intenzione di aderire al blocco. Chi non risponderà affermativamente entro venerdì alle 12 verrà considerato non disponibile a fare lezione. Ogni Facoltà spedirà i dati raccolti alla sede centrale dell’Ateneo.
Già questa schedatura dei soggetti in lotta sarebbe grave, ma non basta: in base alla mappatura fatta, verrà decisa l’emissione di bandi per docenti a contratto, che andranno a coprire i corsi tenuti dai ricercatori indisponibili.
Oltre alla richiesta de facto di forme di crumiraggio, va sottolineato questo tentativo di mettere le une contro le altre le componenti universitarie, non solo tramite questi bandi, ma anche nel continuo utilizzo di retoriche volte all’annullamento di ogni idea di lotta: il diritto degli studenti ai corsi renderebbe necessario questo provvedimento infame. Corsi dalla qualità sempre più infima, ma questo non importa.. Show must go on..
Anche perché “il prestigio,la qualità e l’efficienza dell’ateneo bolognese” verrebbero macchiati.. Come scordare infatti che, secondo le classifiche internazionali, l’Unibo è considerata la prima università italiana? L’attacco dunque parte da uno dei punti più alti del sistema universitario.
In aggiunta a ciò, ovviamente non poteva mancare la faccia buona delle istituzioni, che oltre all’appello enfatico sulla responsabilità e ad una etica deontologica di un lavoro svilito e massacrato, sostiene: “Manifestiamo comprensione vivissima per la situazione dei ricercatori”.
Che dire, nei palazzi di via Zamboni devono aver seguito attentamente in questi mesi il contesto politico italiano… Do you remember Marchionne?
Concludendo, di fronte al rischio che un soggetto con una forza contrattuale comunque significativa quale i ricercatori universitari, potesse passare a forme di mobilitazione finalmente efficaci per iniziare ad invertire la tendenza nefasta degli ultimi anni, Dionigi fa capire qual è la posta in gioco ed il livello dello scontro. In attesa dei risultati di quello che pare essere un referendum stile-Pomigliano, ci auguriamo che la determinazione dei ricercatori venga confermata, nella consapevolezza che non sono soli in questo momento decisivo, ma con un mondo in fermento che dalle elementari alle università inizia a rifiutare con decisione precarietà, impoverimento e disciplinamento sempre più rigidi; nella consapevolezza che non c’è nulla da difendere e tutto da conquistare.
Redazione di Infoaut Bologna
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