di Giulia Zanotti
Lezioni ed appelli d’esame sospesi, cattedre vacanti e studenti che rischiano di non laurearsi nei tempi stabiliti. Una condizione comune da Nord a Sud e che rende difficile pensare ad un futuro positivo per l’università italiana.
Quello che sta accadendo all’Università di Torino ne è un esempio. Già la scorsa primavera studenti e ricercatori avevano lanciato un serio avvertimento: a settembre i corsi potrebbero non cominciare. E così è stato. Per il primo mese le lezioni si sono svolte alla spicciolata, con numerosi buchi nei programmi dovuti ai tanti ricercatori che si sono resi indisponibili all’insegnamento. Inoltre, molte sessioni di esami e di laurea sono state eliminate con l’inconveniente per gli studenti di dover preparare più materie contemporaneamente e, in molti casi, di dover rinviare di mesi la discussione della tesi.
«Ringrazio il cielo che io sto finendo, però mi spiace sinceramente per chi sta iniziando. Ho quasi pena per loro» dice Marta A., 24 anni, studentessa del Dams che non nasconde il suo disappunto per una riforma che ha messo in ginocchio l’università. «Con questi tagli non solo si rischia di laurearsi in ritardo, ma anche di fare un percorso formativo diverso da quello previsto dal piano di studi. – spiega la ragazza – Mia sorella, ad esempio, deve ancora finire la triennale ed è disperata. Le hanno tolto quasi tutti i corsi e deve fare quei pochi che ci sono senza poter scegliere. Il suo corso di laurea è “Sviluppo e cooperazione in Asia e Africa” e hanno eliminato tutti gli insegnamenti sul continente nero, così dovrà dare esami che non c’entrano nulla con il percorso che si era costruita».
E le cose non sembrano più facili per Marta che ad un esame dalla fine incrocia le dita e spera di potersi laureare nei tempi previsti, nonostante sia costretta a rivedere il suo piano di studi perché con la nuova riforma molte cattedre sono state tagliate anche nella sua facoltà. «Il mio ultimo esame è sparito e sono obbligata a sostituirlo con un altro. Il docente che lo teneva è andato in pensione e già che ci sono i tagli, ne hanno approfittato per non mettere nessun sostituto. Ma se io mi sono iscritta due anni fa con un certo carico didattico obbligatorio, non con esami a scelta, mi deve essere garantito di poter dare quegli esami!».
Dunque è tanta la rabbia e delusione degli studenti che chiedono un’università più efficiente e maggiori investimenti per la loro istruzione. Come è tanta la preoccupazione per il futuro degli atenei italiani, che rischiano di traforarsi in “diplomifici” che sfornano ragazzi senza un’adeguata preparazione. «Io soprattutto mi rendo conto che le matricole avranno a disposizione una qualità di insegnamento di livello nettamente inferiore e mi spiace davvero per loro» – commenta con tristezza Marta A., prima di tornare sui libri per preparare il suo ultimo esame.
Viene da chiedersi: la Gelmini aveva detto che c’erano troppi sprechi e troppi corsi di laurea inutili. Ma è sicura che con la sua riforma ha tagliato solo quelli?