Cari colleghi e care colleghe e soprattutto car* student*,
in queste ore la controriforma cui ci siamo opposti, il DDL Gelmini, è in
discussione alla Camera: è la prepotenza con cui è stata portata in quella
sede, quando è ancora in corso la sessione di bilancio, che da il senso del
clima che stiamo vivendo.
Noi abbiamo fatto tanto, non voglio ripercorrere tutte le assemblee (quelle
di ateneo del 5 luglio, del 20 luglio, del 22 settembre, quelle di facoltà
a lettere il 7 ottobre con gli studenti e i precari della scuola, a scienze
politiche l’11 ottobre, a giurisprudenza il 18 ottobre, ad agraria e
veterinaria il 19 ottobre), i coordinamenti di Ateneo che ci hanno visti
impegnati in un fronte comune contro le continue pressioni che abbiamo
subito in questi mesi, la nostra ferma presenza nei Consigli di Facoltà dove
ce l’abbiamo messa tutta per difendere le posizioni della nostra
indisponibilità.
E, con noi, gli studenti si sono posti al nostro fianco e hanno impegnato
tante energie per contrastare questo processo di
smantellamento dell’università pubblica, hanno dato prova di una
partecipazione “reale” lavorando insieme ai collegi, con gli studenti
migranti il cui rischio di restare senza borsa significa diventare
“clandestini”… dando prova di forte presenza in questa protesta
con la grande manifestazione del 17 novembre a Perugia.
Abbiamo aderito con piena coscienza ad un movimento nazionale per
un’università diversa e come indisponibili consegnato la nostra rinuncia
formale (174 indisponibili per 310 insegnamenti) al rettore e nella sua sede
l’abbiamo fatta protocollare.
Abbiamo affermato con forza in tutti luoghi di rappresentanza
dell’università, nelle aule e nelle piazze che siamo tutti indisponibili
perché crediamo che il DDL Gelmini non vada solo emendato: un grande
processo di riforma richiede grande partecipazione di tutte le componenti
dell’università.
E invece sappiamo che non risolve il nostro stato giuridico su cui esiste
vuoto normativo; ci pone come categoria ad esaurimento che sarà sostituita
da nuovo precariato ancor più ricattabile.
Così come siamo coscienti della pericolosità che il ddl ci prospetta nella
governance degli atenei, nello smantellamento del diritto allo studio sempre
più svincolato dai criteri di bisogni.
È vero, siamo stanchi ed abbiamo fatto quello che abbiamo potuto, ci siamo
presi anche le sedie al Senato accademico e là dove non avevamo le forze
per prendercele le abbiamo boicottate e ci siamo riusciti (la macro area 5
difatti è ancora scoperta). Loro non ci vogliono ma noi ci siamo e le loro
porcherie le devono decidere adesso fuori da quei luoghi, perché in essi noi
vigiliamo e denunciamo.
I nostri rappresentanti in Senato si stanno battendo in forma coordinata per
i nostri diritti.
Ma tutto cìò non basta.
Se noi vogliamo un’università diversa che rivolga lo sguardo ad una
governance democratica e trasparente (e non agli orticelli), se noi vogliamo
un’università dove le procedure di reclutamento e di progressioni avvengano
sulla base di un sistema di valutazione trasparente, se vogliamo rilanciare
una vera discussione sul ruolo dell’università e della ricerca nel nostro
paese, se noi vogliamo dire no davvero a questa prepotenza che ci viene
imposta da un governo che non rappresenta più nessuno se non se stesso,
allora dobbiamo alzare la testa oggi più che mai, e lo dobbiamo fare non
come singolarità, ma tutti insieme. Queste ore, questi giorni sono
determinanti per il nostro futuro e per il futuro dell’università che
vogliamo: alziamo la nostra bandiera in difesa dell’università pubblica e
battiamoci a testa alta contro questo governo, contro questa maggioranza
avida di potere e supportata da una Crui avida di autonomia non certo
responsabile.
Giovedì 25 novembre come ricercatori abbiamo il dovere di gridare la nostra
indisponibilità davanti a Montecitorio mettendo da parte i nostri impegni
marginali di fronte a questo cataclisma che ci sta crollando addosso .
Teoria e prassi non devono essere mai scisse ed è per questo che io Roma
giovedì 25 novembre per dire no ci sarò, auspicando che da Perugia saremo in
tant*