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Cronaca di un pomeriggio di guerriglia

da micromega

di Giacomo Russo Spena

Roma – “Il limone, qualcuno mi dia il limone. Non ci vedo più”. Il suo scudo-libro “Uno nessuno e centomila” è finito per terra, travolto dal fuggi fuggi generale. Per la carica della celere che non si risparmia nel lancio dei lacrimogeni CS. E adesso i suoi occhi sono gonfi come mai. Semichiusi dal bruciore. Sono da poco superate le 13, gli studenti hanno appena provato a sfondare il blocco delle forze dell’ordine per riuscire ad arrivare fino a Montecitorio. “Per chiedere le dimissioni di quel fantoccio” urla un giovane dal microfono. Avanti gli studenti universitari coi loro scudi-libro, la fantasia dei titoli ormai non ha più limiti, dietro i medi. Vanno per Corso Rinascimento, dove trovano chiusa la strada da tre blindati messi di traverso. Iniziano a lanciare ortaggi, prima, e petardi, poi. Scena tra l’altro simile a quella già vista mezz’ora prima a Piazza Venezia, quando l’obiettivo era arrivare sotto Palazzo Grazioli. Ma stavolta gli studenti sono di più e più decisi. La celere carica pesantemente per far indietreggiare i giovani e rimandarli a Corso Vittorio Emanuele. Qui i primi feriti e fermati. Tutto finito, penso. Adesso sarà un corteo pacifico fino a Piazza del Popolo. Presto mi ricredo.

Le banche che si incontrano sul percorso vengono prese di mire e “sanzionate”. Vetrine spaccate, bancomat che prendono fuoco. E’ solo l’antipasto di quello che succederà nel centro di Roma, un’ora dopo. Il clima è surriscaldato. Si diffonde la voce che Berlusconi sia stato sfiduciato, si esulta. Cori di giubilo. Un minuto dopo la doccia fredda. Arriva la notizia, quella vera. La risposta? Il coro “Vergogna, vergogna”. Il corteo prosegue: le macchine di lusso vengono distrutte e qualche gruppo inizia a riempirsi gli zainetti di bottiglie vuote e sampietrini. Divelgono i cartelli stradali. Viene assalita la sede della Protezione Civile. E quando un tipo, coperto dalla testa ai piedi, lancia una sassata all’Ara Pacis viene aggredito da una sorta di servizio d’ordine. “E’ un monumento, non una banca. Idiota!”. Mi scappa una risata. Torno serio quando un vigile della polizia municipale decide di attraversare il corteo con la sua moto e sfiora una manifestante. Viene letteralmente assalito e linciato dalla folla. Riesce a scappare per miracolo. Intanto si arriva a Piazza del Popolo. I partecipanti sono decine di migliaia. Il corteo riuscito. Insieme studenti e il cartello “uniti contro la crisi”, ovvero Fiom, partiti della sinistra radicale, i comitati di Terzigno e dell’Aquila e pezzi del Popolo Viola. Qui però i destini delle varie anime si dividono. Una parte del corteo decide di provare nuovamente ad arrivare a Montecitorio. Inizia a scontrarsi con la polizia a Via del Corso che sbarra loro la strada. La Fiom, i partiti e il popolo Viola lasciano la piazza. Anche se, al momento, non è arrivata nessuna dissociazione da quello che avverrà dalle 15 in poi nel centro della capitale. Ovvero una rivolta.

Una guerriglia urbana dove il morto non ci scappa per puro caso perchè un finanziere, circondato dai manifestanti, tira fuori la pistola dalla fondina. Per fortuna non spara. Scontri così in Italia non si vedono dal G8 di Genova 2001. Se da una parte ci sono le forze dell’ordine, giusto chiedersi chi ci sia dall’altra. I Black Bloc? Forse un po’ troppo riduttivo. In quella piazza rimangono infatti giovani, tanti giovani sono sotto i trent’anni. Ci sono gli universitari, riconoscibili dai loro scudi. Ci sono molti campani, forse di Terzigno. Ci sono i centri sociali romani e nazionali. Ma queste sigle fanno 10mila persone? Perchè di tante stiamo parlando nei momenti di scontro a piazza del Popolo. Non credo proprio. In quelle vie c’è una nuova generazione di ragazzi stanca di Berlusconi e delle sue politiche. “Oggi ci riprendiamo il nostro futuro” dice uno con casco in testa e mazza in mano. Qualche fila più dietro qualcuno intona “sfiduciare il governo dal basso assediando i palazzi del potere”.

Gli agenti lanciano lacrimogeni a volontà, non si respira: qualcuno vomita, altri si fanno prendere dal panico. Ma quella piazza resiste. Non indietreggia. Viene assalita una camionetta della Guardia di Finanza. Prende fuoco. E qui ritorno a Genova. La polizia è caricata da migliaiadi persone che lanciano oggetti e non temono il corpo a corpo. Agenti picchiati. Sembrano dinamiche da stadio, non credo ai miei occhi. I manifestanti non ci pensano proprio a tornare a casa. Le parole “rivolta” e “Londra” sono quelle più gettonate in piazza, oltre al classico “Roma libera, Roma libera”. I duri fronteggiamenti avvengono prima a Via del Corso e poi, più volte, a Piazza del Popolo. Gli agenti riescono a sfollare lo slargo solo caricando con gli autoblindati. E neanche qui è finito tutto. A Piazzale Flaminio nuove mazzate. Il corteo si dirama in più direzioni. Al Muro Torto si giunge nuovamente a contatto coi finanzieri. Sul Lungotevere prende fuoco una volante. I cassonetti rigirati per strada e appiccati a fuoco. Roma è paralizzata. Il traffico in tilt. Si vede fumo nero in cielo. Si sentono le sirene di ambulanza e pompieri. Partono i rastrellamenti dei manifestanti, nascosti anche nei portoni degli edifici. Bilancio della giornata? Quasi cento feriti, 41 fermati, danni un po’ ovunque, tanto spavento e una certezza: oggi in piazza non ho visto i Black Bloc.

(14 dicembre 2010)

Posted in Rassegna Stampa.