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Perugia – 28 Gennaio, uno sciopero tra picchetti, presidi e blitz

Unit* contro la crisi – Perugia

28 / 1 / 2011

E’ ancora buio quando un gruppo di student* e precar* del movimento arriva al picchetto organizzato dagli operai della FIOM a Marsciano, nei pressi delle fabbriche EMU e Iverplast.

Il luogo scelto non è casuale. Le fabbriche non sono a maggioranza FIOM, la partecipazione allo sciopero non è dunque automatica.

Il nostro arrivo è accolto con gioia dai picchettanti che hanno già allestito i blocchi, organizzato il volantinaggio ed acceso un falò per riscaldarsi e cuocere salsicce. La presenza di precari e studenti è stimolante. “Come negli anni ’70”, dice qualcuno dei più vecchi.  Ma non è una presenza per testimoniare solidarietà a operai che si sentono attaccati dal piano Marchionne, che in un modo o nell’altro è già presente anche da loro. Studenti e precari sono a Marsciano per parlare con gli operai, semplici domande sulla condizione del lavoro, sulla loro vita, sulle prospettive, su cosa significa lavoro oggi e su che legame c’è tra lavoro e bios. Un modo per rendersi conto di come vivono e pensano gli operai e un modo per praticare un confronto vero anche su temi a noi più vicini, quali  reddito e nuovo Welfare. La parola reddito a molti suona nuova, ma quando dal vocabolo si passa alla spiegazione ecco nei loro occhi scattare collegamenti con le esistenze precarie di mogli, figli o compagne e rivedere nei nostri occhi il dramma di una crisi che mette tutti sullo stesso piano. E così l’analogia tra piano Marchionne e decreto Gelmini è più chiara anche a noi. Riconoscere il comune ricatto a cui siamo sottoposti ci spinge immediatamente a programmare una serie di incontri attraverso cui il laboratorio territoriale di “Uniti contro la crisi” possa assumere un senso concreto.

Uniti contro la crisi non è uno slogan o un cartello di gente diversa, solidale tra loro, che aspetta il tracollo tenendosi per mano. Uniti contro la crisi è e deve ancor più diventare uno spazio comune per soggetti in lotta con provenienze e background sociale diversi.

Intanto il turno delle otto si avvicina. Non ci sono molti operai ai cancelli, anche se le due fabbriche sono a maggioranza CISL. Alla fine l’adesione allo sciopero sarà dell’85%. Arrivano però i dirigenti e gli impiegati.

Nonostante i loro discorsi sulla compattezza tra gli operai dentro la fabbrica ci sembrino retorici, si vedono anche in loro segni di quell’impoverimento del ceto medio, la cui compressione dei redditi è un altro effetto della crisi ed è costante produttrice di indebitamento generalizzato.

La generalizzazione dello sciopero del 28 prende forma anche in altri modi.

Studenti e precari attraversano lo sciopero con agilità, allegria e decisione, e con la consapevolezza di cercare contaminazioni vere. Lo sciopero del biglietto sull’ autobus che dalla stazione Fontivegge ci porta al presidio  sotto la concessionaria Fiat di Via Piccolpasso; l’interazione con una piazza che grida “sciopero generale” di fronte ai vertici regionali della FIOM e della CGIL piuttosto timidi; lo striscione “Uniti contro la crisi” calato con dei blitz prima da un cavalcavia nei pressi della stazione e poi dal terrazzo del Mercato coperto, uno degli spazi simbolo della nuova rendita urbana.

Azioni che danno la dimensione di un percorso complesso e stimolante, ancora tutto da inventare e costruire e proprio per questo più significativo. Un percorso istituente, teso a spazzare via qualsiasi ottica resistenziale di Novecentesca memoria e che apre uno spazio di possibilità per costruire un’alternativa vera. Reddito, diritti, nuovo Welfare sono le declinazioni di questa alternativa, sono le nuove rigidità attraverso cui attaccare la rendita ed impedire il furto di comune praticato quotidianamente su studenti, precari, operai, lavoratori autonomi e dipendenti.

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