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La crisi? In Italia la pagano i giovani

Siamo in testa alla classifica Ocse: penalizzati i ragazzi. Il 60 per cento dei disoccupati ha meno di 34 anni

Forse perché è insicura della propria identità, l’Italia adora paragonarsi al resto del mondo. Gli italiani prendono sul serio e compulsano febbrilmente qualunque classifica internazionale li riguardi, quasi avessero bisogno di scoprire chi sono tramite il giudizio altrui. Si specchiano negli altri per capire se stessi. Poi magari si deprimono o invece, altre volte, concludono che in fondo, a guardar bene certi indicatori, «siamo quelli che stanno meglio». Eppure c’è una graduatoria nella quale questo Paese occupa un posto importante, senza che questo attragga granché l’attenzione nazionale: siamo l’economia avanzata nella quale la minoranza costituita dai giovani ha pagato il prezzo più alto alla recessione, e continua a farlo. Statisticamente, le generazioni nate fra il 1974 e il 1994 hanno assorbito l’intero costo della più grave crisi economica del dopoguerra. Continued…

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Nuovi tagli, è rivolta nella scuola “Dovremo portare i gessetti da casa”

Una circolare del Ministero fa scattare la protesta di tutte le organizzazioni spesso diviseNuovi tagli, è rivolta nella scuola
"Per i presidi un rebus dall’acquisto della carta igienica alla nomina dei supplenti: è desolante"

E il governo decide di non restituire un miliardo alle scuole per spese già effettuate di SALVO INTRAVAIA

da repubblica.it

Presidi sull’orlo del collasso. Lo scorso 14 dicembre il ministero dell’Istruzione ha comunicato alle scuole le modalità per compilare il cosiddetto Programma annuale (quello che una volta si chiamava Bilancio) e, dopo due semplici conteggi, dirigenti scolastici e Direttori dei servizi amministrativi (un tempo chiamati segretari) si sono accorti dell’ennesimo taglio alle risorse delle scuole. Nel 2010 diventerà ancora più difficile nominare i supplenti e provvedere alle spese di funzionamento per acquistare carta igienica e detersivi per le pulizie, così come materiale di cancelleria.

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Mobilità docenti da nord a sud, graduatorie regionali e balle leghiste

da

dp – Notizia di questi giorni è la proposta
leghista di graduatorie regionali per i docenti precari alle quali
accedere con certificato di residenza. Una proposta che piace a molti,
sebbene silenzionsamente, e fa alzare scudi sdegnati. Alla base di tale
proposta vengono accampati presunti fenomeni che destabilizzerebbero le
scuole del nord. Ad esempio la mobilità territoriale da nord a sud che
sarebbe causa dell’interruzione della continuità didattica. Insomma,
questi docenti del sud prima vanno al nord a rubare i posto ai locali,
poi fanno domanda di rientro a sud, a casa propria, lasciando scoperte
le cattedre da poco occupate. Balle, nessuna notizia può essere più falsa. A dimostrarlo è uno studio della Fondazione Agnelli, che evidentemente è sconosciuto ai parlamentari leghisti che hanno fatto della mobilità la bandiera per una regionalizzazione dell’arruolamento dei docenti.

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Aumenti ai prof di religione. E’ la sorpresa di Tremonti

da repubblica.it

La decisione fa riavvampare la polemica sui privilegi  assegnati
dallo Stato in questi ultimi anni a chi insegna il cattolicesimo

Nella busta paga del mese di maggio troveranno circa 220 euro in più
di SALVO INTRAVAIA

SCATTI stipendiali per gli insegnanti, ma solo per quelli di religione. Lo ha stabilito il ministero dell’Economia lo scorso 28 dicembre. Mentre i sindacati della scuola sono alle prese con un complicato rinnovo del contratto in favore di tutti i docenti e gli Ata (amministrativi, tecnici e ausiliari) della scuola, alla chetichella quelli di religione nella busta paga del mese di maggio troveranno una gradita sorpresa: il "recupero" degli scatti (del 2,5 per cento per ogni biennio, a partire dal 2003) sulla quota di retribuzione esclusa in questi anni dal computo. Supplenti compresi.
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La scuola (e l’Italia) sempre più indietro

di Giuseppe Caliceti

da ilmanifesto.it

Il governo in carica ci tiene ad avere un popolo sempre più ignorante. Sono i fatti a dirlo. C’era una volta l’obbligo scolastico, ora non c’è più: per questa maggioranza si può andare tranquillamente al lavoro a 15 anni d’età, un anno prima dell’attuale obbligo fissato a 16 anni. Così la scuola italiana continua a fare passi indietro. Gli ultimi studi dell’Organizzazione internazionale per la cooperazione e lo sviluppo economico e la Banca d’Italia raccomandano esattamente l’opposto? Cioè ripetono di investire in istruzione? Questo governo se ne frega. Come se ne è fregato di tutti i docenti, degli studenti e dei genitori degli alunni che sono da mesi contro le riforme targate Gelmini. Continued…

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Università di Perugia, compriamo a Manhattan e chiudiamo a Terni?

da umbrialeft.it

di Maria Rosaria Marella,

Ci si chiede – la stampa locale dovrebbe chiedersi – perché il prof. Francesco Bistoni, in qualità di membro dell’associazione “Università per l’Umbria” – un’associazione non riconosciuta della specie disciplinata nel libro I del codice civile: un’associazione ‘privata’, per capirci – incontri amministratori pubblici locali e rappresentanti della Confindustria e parli del futuro dell’università di Perugia ‘come se’ fosse il Rettore dell’Ateneo perugino. Ma lui è il Rettore dell’Ateneo perugino! Ed allora – ci si chiede, ci si dovrebbe chiedere – perché non organizzare simili incontri in veste di rettore, trattandosi di temi, quali le prospettive dell’università di Perugia nel suo rapporto col territorio, che pur possono farsi rientrare nei compiti istituzionali di chi è chiamato a dirigerla? Forse perché sarebbe necessaria ben altra condivisione di finalità e di intenti con le diverse componenti dell’ateneo? Temo che non sia così: il Bistoni rettore non si preoccupa, di norma, di rendere partecipe chi lavora nell’ateneo (e lo ha eletto) delle decisioni piccole e grandi che assume quotidianamente nella sua veste istituzionale. Non sappiamo quale posizione il rettore di Perugia abbia espresso in seno alla CRUI in merito alla controriforma proposta dalla ministra Gelmini (a proposito, Magnifico, quand’è che ce lo dirai?). Non sappiamo a quale titolo e con quali finalità siano stati acquistati insieme ad un consorzio di università italiane alcuni appartamenti a Manhattan, se con intento puramente speculativo o per ospitarci noi che facciamo ricerca per compito istituzionale (e quanto ci sono costati: 2-3 milioni di euro?). Visto, perciò, che la gestione ‘istituzionale’ dell’università di Perugia non è condivisa – e basterebbe poco per farlo, rendere accessibili via internet i verbali del senato accademico e del CdA – né è avvertita come condizionata da ‘lacci e lacciuoli’, non è dato comprendere quale sia l’esigenza che sta dietro alla costituzione de “L’Università per l’Umbria”, quali ne siano le finalità attuali e lo stesso oggetto statutario… Forse un’accelerazione del processo di privatizzazione vagheggiato da Gelmini, come riportano le cronache dell’ultimo incontro fra l’associazione, i suoi togati membri, il sindaco Boccali e alcuni confindustriali… Non proprio un argomento da trattare ‘in veste privata’! Ma intanto vorrei far osservare al prof. Bistoni-membro de “L’Università per l’Umbria” e al prof. Bistoni-Rettore Magnifico dell’Università di Perugia che per ora l’università è ancora pubblica, ed è di chi la fa: studenti, amministrativi, precari della ricerca e docenti, ed è dunque nell’interesse di tutte le sue componenti che l’ateneo deve essere gestito.

Aleggia su tutto questo un interrogativo di fondo: come mai la notizia dell’incontro suddetto è apparsa sulla stampa locale – compresa quella di sinistra – senza una riga di commento e di analisi? Forse che in questa città un tempo circondata da mura etrusche ed ora da muri di gomma tutto rimbalza, “anything goes”, ed anche un evento così sfuggente per i più, appare normale e plausibile a chi è tenuto a informare l’opinione pubblica?

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Ritorno alla scuola del più forte

di Alba Sasso

da ilmanifesto.it

Annidato in un emendamento a una legge sul lavoro un colpo mortale al sistema scolastico italiano. In pratica la soppressione dell’obbligo scolastico ma solo per alcuni : «i meno volenterosi». A questi ragazzi si indica sbrigativamente un’altra strada: quella dei percorsi di apprendistato. L’apprendistato è una non scuola e un non lavoro. Una parte dei ragazzi continuerà a studiare, un’altra sarà dirottata a un semilavoro precario e sottopagato. Altro che valenza formativa del lavoro! E vogliamo ancora credere che le imprese abbiano voglia di formare la propria forza lavoro, quando i contratti di apprendistato sono serviti in questi anni a tutt’altro: a ridurre le retribuzioni e ad aggirare le norme per l’applicazione dello Statuto dei lavoratori, dal momento che gli apprendisti sono esclusi dal numero dei dipendenti?
Qualche mese fa un rapporto di Bankitalia dimostrava come sia produttivo l’investimento in istruzione. E in questo ultimo anno molti paesi europei e gli Stati uniti hanno affrontato la crisi finanziaria economica e sociale investendo massicciamente nel settore della conoscenza. Continued…

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Al lavoro a 15 anni invece che in classe passo indietro sull’obbligo scolastico

di Salvo IntravaiaAl lavoro a 15 anni invece che in classe passo indietro sull'obbligo scolastico

da repubblica.it

Emendamento della maggioranza: l’apprendistato vale come un anno di scuola
E’ bufera sul governo. Il Pd: "Fanno carta straccia di tutti le scelte mondiali" 

Critiche dai sindacati: "Non è così che si aiuta l’occupazione dei giovani"

Al lavoro a 15 anni e scoppia la polemica tra governo e opposizione. "La maggioranza fa carta straccia dell’obbligo scolastico: inaccettabili questi salti all’indietro sul tema della formazione", dichiara l’ex ministro della Pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni (Pd). Al centro della querelle un emendamento al disegno di legge Lavoro, collegato alla Finanziaria, approvato questa mattina dalla commissione Lavoro della Camera, che prevede che l’apprendistato possa valere a tutti gli effetti come assolvimento dell’obbligo di istruzione. Se il provvedimento dovesse andare in porto gli studenti meno volenterosi potrebbero uscire dalle aule scolastiche un anno prima dell’attuale obbligo scolastico, fissato a 16 anni. Continued…

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E i poveri restino poveri

da piovonorane di Alessandro Gilioli germinal

L’ultima fantastica mossa del governo Berlusconi è mandare al lavoro i quindicenni: così siamo bei sicuri che i figli dei ceti meno abbienti – quelli in cui i salari dei genitori non bastano – non tentino l’emancipazione sociale, non sia mai.

Il contrario delle pari opportunità, il contrario di una società fatta di possibilità per tutti, indipendentemente dalla famiglia d’origine.

I poveri restino poveri, che per loro c’è la charity di Stato, la social card e il buono vacanze da 20 euro.

Fortuna che mio nonno socialista è morto da vent’anni.

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Obbligo scolastico, ora finisce a 15 anni

da l’altronline

Ennesimo attacco della maggioranza di governo al sistema dell’istruzione pubblica: nel disegno di legge sul lavoro collegato alla finanziaria è  passato un emendamento che consente agli studenti di abbandonare gli studi a 15 anni invece che a 16, riconoscendo un anno di apprendistato come fosse un anno effettivo di istruzione.

L’obbligo scolastico a 16 anni è stata una conquista che ha semplicemente allineato l’Italia agli altri paesi europei. Ora invece, si torna indietro. E questo provvedimento non fa che aggiungersi ai molti che il governo ha già preso nei confronti della scuola pubblica che sembrano rispondere a un disegno di annientamento del sistema- istruzione, a cominciare dai tagli al budget e al personale scolastico.

leggi anche Riforma superiori, anche la commissione cultura approva

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