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“Unipg”, il taglio delle sedi decentrate e la rivolta dei “sacrificati” (da micropolis-segnocritico)

da micropolis segnocritico


Grande agitazione a Terni per la questione del ridimensionamento del polo universitario. Comune, Provincia e organizzazioni economiche si stanno mobilitando contro il piano dell’offerta formativa definito dal Senato dell’Ateneo perugino, che verrà discusso il 15 giugno con il Ministero. Il documento prevede la chiusura del corso di Scienze della Formazione in Discipline delle arti teatrali e dei linguaggi creativi, dovrebbero inoltre venir abolite le lauree magistrali di Scienze politiche e di Economia, mentre risulta appesa ad un filo quella di Ingegneria. Alla fine della giostra rimarrebbero le lauree triennali di Economia e Scienze politiche, non è certo che resti al completo il corso di Ingegneria, unica sicurezza è la Facoltà di Medicina dove rimangono sia il corso triennale che la laurea specialistica. Gli enti locali sostengono che l’istituzione del polo ternano non è stato un semplice decentramento universitario, ma il frutto di un accordo di programma con il Governo, che ha portato all’Università 5 milioni di euro e che vedeva Terni come articolazione di Perugia. Il Comune avrebbe stanziato, inoltre, sul futuro bilancio circa 1,5 milioni euro ed avrebbe partecipato al finanziamento della nuova facoltà di Medicina, di cui infine si sarebbe accollato per intero la manutenzione (350.000 euro annui). D’altro canto, ad Assisi, Consiglio comunale e sindaco protestano vibratamente per l’abolizione del corso di Economia del turismo.
Maturano, insomma, i frutti di una politica fatta di furbizie universitarie e di velleità campanilistiche, che ha dato vita a strutture universitarie dove non si fa nessuna ricerca, non ci sono biblioteche e laboratori e si eroga esclusivamente didattica. Se ciò si coniuga con la difficile situazione finanziaria dell’Ateneo, con la proposta di ristrutturazione dei dipartimenti e dei poli amministrativi, che anticiperebbe la riforma, al fine di recuperare i sei milioni di euro tagliati dal Ministero, il quadro che emerge non depone a favore delle rivendicazioni locali, a meno che enti e forze economiche non vogliano accollarsi per intero i costi della struttura universitaria, cosa improponibile data la situazione generale e la manovra finanziaria. Andrà a finire a coda di sorcio: passerà il piano dell’offerta formativa proposto dal Senato accademico, con qualche piccola variante e contentino (la laurea specialistica di ingegneria). Forse sarà il caso di ridiscutere il futuro della formazione superiore soprattutto a Terni e magari farsi venire qualche idea.

Posted in Rassegna Stampa.