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Lettera aperta agli indisponibili

Carissim*,

siamo tutti stanchi, lo so bene. Siamo stanchi di protestare, di affrontare rettori e presidi, di confrontarci con l’inerzia e le giustificazioni di tanti, di scrivere e diffondere documenti, di organizzare iniziative. Siamo stanchi di fare tutto questo in aggiunta al nostro carico normale di lavoro, sacrificando il nostro poco tempo libero.

Ma tutta questa attività è stata tanto faticosa quanto preziosa: in questi mesi abbiamo seminato tanto. Abbiamo seminato la speranza di cambiamento nel cuore dei volenterosi, il dubbio nella passività degli ignavi, la consapevolezza nelle menti degli studenti, il timore nella pancia dei politici.

Con l’arrivo dell’autunno, i semi gettati da noi hanno cominciato a germogliare. I rinvii degli anni accademici e le proteste studentesche dell’inizio di ottobre hanno bloccato un DdL che, a sentire le solite ineffabili voci di Palazzo, era inarrestabile come una petroliera lanciata sugli scogli.

In altri luoghi cominciano a germogliare semi gettati da altri. Avviene ad esempio proprio ieri, in Gran Bretagna:

http://www.independent.co.uk/news/uk/politics/the-new-politics-student-riot-marks-end-of-coalitions-era-of-consensus-2130865.html

Gli aumenti alle tasse universitarie scatenano i più violenti scontri di piazza degli ultimi 20 anni. L’era del consenso è arrivata al capolinea. E il segnale della fine arriva proprio dall’Università.

Sta definitivamente succedendo qualcosa.

In Italia, il governo è allo sbando. Sulla riforma Gelmini punterà tutte le sue ultime carte per portare a casa almeno un risultato importante prima delle elezioni. Ma le contraddizioni al suo interno sono sempre più evidenti: e le proteste contro il massacro dell’Università continuano a crescere.

Ecco cosa è successo ieri, secondo Repubblica:

“Manifestazioni di protesta si sono svolte in molte città. Questa mattina a Pavia ci sono state assemblee in tutte le facoltà e sospensione di un’ora di lezione fino al 17 novembre. A Parma gli studenti hanno votato al referendum che ha unito la protesta contro i tagli alle borse di studio in finanziaria e l’aumento dei costi delle mense. A L’Aquila sit- in davanti alla mensa di Coppito. A Napoli assemblee all’università Federico II e alla Parthenope. In serata le assemblee a Firenze alla Casa dello Studente Maragliano, ad Ancona presso le Breccie bianche, a Pisa alla Casa dello Studente Praticelli, a Cosenza e Lecce in tutte le facoltà e presidi, a Macerata la riunione organizzata da Offina Universitaria. Domani gli studenti si incontrano a Ferrara al Polo biomedico, a Palermo sit-in presso l’Ersu e la mensa dentro la cittadella universitaria. A Brescia iniziativa alla mensa Isu, assemblee ad Ancona, Teramo e Forlì, presidio a Pisa e a Urbino.”

http://www.repubblica.it/scuola/2010/11/10/news/protesta_fo-8966160/?ref=HRER2-1

Ora siamo ad uno snodo cruciale. La settimana del 15 si apre significativamente con l’assemblea nazionale degli associati: una prima assoluta nella storia dell’Università italiana. Poi abbiamo il 17 novembre, che non è solo uno sciopero: infatti, da ormai sei anni è la giornata mondiale di mobilitazione studentesca, e quest’anno promette di essere un evento di portata ben superiore ai precedenti.

Ditelo a tutti i docenti, inoltrate loro questo mail: fare lezione in quel giorno, dopo tutto ciò che è successo in questi mesi, significa dichiarare forte e chiaro la propria approvazione del più grande progetto di destrutturazione dell’Università pubblica statale dall’Unità d’Italia ad oggi.. e l’anno prossimo fanno 150 anni.

Dite loro che ci ricorderemo delle loro lezioni, quando vedremo intere linee di ricerca cancellate e interi corsi di laurea aboliti da consigli di amministrazione composti da provetti amministratori aziendali, e dite loro che sapremo chi ringraziare.

Perchè questo è un destino che possiamo ancora evitare, nonostante alcuni “uccellais” del malaugurio che ricominciano a suonare i rassicuranti mantra del fallimento e dell’impotenza: “vi siete battuti bene e avete perso con onore”, sottintendendo forte e chiaro “ora rassegnatevi e ritornate a fare i bravi schiavetti”. Vi sembrano le parole di qualcuno sinceramente interessato a salvare l’università pubblica?

Moltissimi ricercatori, invece, sono davvero interessati a salvare l’Università. Tra loro ci sono persone che hanno faticato come muli, spesso autosfruttandosi, per entrare in ruolo: non per godere di chissà quali soddisfazioni economiche, ma per la speranza di poter dare sfogo alla loro insana (e, per molti, incomprensibile! 😉 ) passione per il lavoro più bello del mondo, quale è la ricerca, l’esplorazione dei campi sconosciuti del sapere al servizio del progresso della società intera (e non quella tesa a gonfiare le tasche di qualche privato cittadino).

Ora si ritrovano alla vigilia della rottamazione, in alcuni casi ancor prima di avere la conferma, con davanti trent’anni di passione trasformati in un incubo, da trascorrere in un guscio vuoto di progetti e di risorse e pervaso dalle perverse logiche aziendali.

Cari indisponibili, vi faccio una proposta indecente: nella settimana del 15, e in particolare il 17 novembre, lasciamo da parte l’indisponibilità e impegniamoci a tenere un corso.

Teniamo un corso pratico per riscoprire l’importanza della consapevole partecipazione democratica quale unico argine contro un’indifferenza tanto diffusa quanto criminale, che consente l’accumulo di un enorme potere nelle mani di pochi ambiziosi irresponsabili. Un potere che vede nella consapevolezza e nelle capacità critiche dei cittadini la peggiore minaccia alla sua stessa esistenza, e che si dedica quindi a minarne le basi senza rendersi conto che così facendo sega il ramo su cui tutta la società è seduta.

Questo corso non si deve tenere nelle aule, ma nelle strade e nelle piazze: non ha la forma della lezione frontale, ma dell’iniziativa di protesta e di proposta. Non ha nè maestri nè discepoli, ma solo persone che tutte insieme, sullo stesso piano, collaborano per difendere e far vivere l’Università.

E noi sappiamo bene che a questo corso non può mancare l’apporto degli indisponibili. In questi mesi di fatiche e di protesta abbiamo scoperto e sperimentato in prima persona l’incredibile potenza sprigionata dall’unirsi e dall’alzarsi in piedi.

Abbiamo affermato e reso concreti principi e valori che sembravano estinti, abbiamo demolito in pochi mesi una consuetudine trentennale che ci assegnava un ruolo passivo e docile, sottoposti alla travolgente incompetenza e irresponsabilita di tanti baroni; ci siamo scoperti e conosciuti, e insieme ci siamo difesi da chi vuole sacrificare il futuro sull’altare di un presente fallimentare, agonizzante e insostenibile. Abbiamo bloccato le università per sbloccare la società.

E’ vero, siamo stanchi, ma la settimana prossima non è ancora la settimana del riposo.

E’ la settimana del raccolto.

Buona settimana!

Alex 

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