da precaria.org
Scena 1: Dal palazzo
Il Ddl Gelmini, mentre taglia di 1,3 miliardi di euro in tre anni il fondo di finanziamento ordinario per l’Università pubblica, concede incrementi di finanziamento per le Università telematiche private e per il Cepu. Catia
Polidori, la proprietaria del Cepu, eletta con Fini e membro di Fli, decide all’ultimo momento, guarda caso, di votare la fiducia al marcescente governo Berlusconi Per onestà di cronaca, non è l’unico caso. Vi sono anche altre due parlamentari di Fli e pure l’astensione dei Sudtirolesi, abbagliati dalla possibilità che il Parco dello Stelvio possa diventare patrimonio dei bolzanini. Non abbiamo altro aggiungere. Questa è la politica oggi in Italia.
Se vogliamo essere più sofisticati, è l’esito di un decennio (ma forse è un ventennio!) in cui il dibattito politico è l’espressione di un regime, non più totalitario, come ai tempi del ventennio, ma velleitario. La politica oggi è forma di imposizione di logiche di dominio e controllo sociale, dettate dalle esigenze dei poteri economici (leggi modello
Fiat-Cisl), sociali (leggi Bossi-Fini e Sacconi-Vaticano) e militari (l’illusione, questa sì nostalgica del ventennio, della coppia La Russa-Maroni).
La politica non è più l’arte della mediazione di democristiana memoria: esigenza di facciata della democrazia borghese, oggi pallido riccordo. Il dibattito politico, che il 14 dicembre 2010 si è farsescamente riprodotto nel parlamento, è tra due logiche di imposizione, di segno diverso, ma di sostanza comune: da un lato l’asse PD-IdV, portatore di una sorta di pseudo legalitarismo di maniera, dall’altro il duo Berlusconi-Bossi, che propina un modello di arbitrii feudali post litteram.
Per noi, precarie e precari, non c’è comunque scampo.
Scena 2: Dalla piazza
Per una volta ciò che è successo può essere raccontato senza troppi ghirigori.
Il circo mediatico, di giornale in telegiornale, ripete con poche differenze gli stessi mantra: la distanza fra strada e palazzo, il ritorno agli anni settanta, i pochi black bloc che possono tutto, la presenza degli infiltrati, il ritorno dei centri sociali, degli autonomi, dei professionisti dello scontro, la divisione fra i buoni ed i cattivi ed infine la generazione precaria a cui è vietato il futuro. Una raffica di parole sparate in ordine sparso, alcune volte senza logica, altre volte con la l’espressa volontà di usare ciò che è successo per conti terzi.
Ma Ieri ciò che è accaduto a Roma è semplice da spiegare: si è coagulata un massa critica di umanità varie che ha rotto l’eccezione italiana di una crisi subita in silenzio riportandoci di fatto fra le genti d’europa. Ieri, infatti, ciò che è successo c’entra poco e nulla con gli anni 70 e genova 2001 , ma geneticamente è molto simile ha ciò che avviene nelle strade di Londra, in quelle di Atene e Parigi.
Ciò che è accaduto ieri è una rivolta di popolo. Una rivolta di quella generazione precaria che ha smarrito speranze e futuro, si badi bene che non è il frutto di una distanza del palazzo dalla strada ma, al contrario, è il risultato del modo con cui il potere gestisce e amministra strade, territori, risorse, beni comuni, tempo e corpi; “fonti di guadagno” rispettivamente, militarizzate, cementificati, sfruttate, privatizzati e precarizzate.
In questo fra centro destra e centro sinistra, c’è veramente poca distanza. Ai politici, politologi, politicanti e informatori e disinformatori il compito di blaterare sulla fine della mediazione e della rappresentanza. A noi precari il compito costruire ed affermare le ragioni di un punto di vista diverso fondato sullì’appropriazione del reddito e dei diritti.
continua…
terra, travolto dal fuggi fuggi generale. Per la carica della celere che non si risparmia nel lancio dei lacrimogeni CS. E adesso i suoi occhi sono gonfi come mai. Semichiusi dal bruciore. Sono da poco superate le 13, gli studenti hanno appena provato a sfondare il blocco delle forze dell’ordine per riuscire ad arrivare fino a Montecitorio. “Per chiedere le dimissioni di quel fantoccio” urla un giovane dal microfono. Avanti gli studenti universitari coi loro scudi-libro, la fantasia dei titoli ormai non ha più limiti, dietro i medi. Vanno per Corso Rinascimento, dove trovano chiusa la strada da tre blindati messi di traverso. Iniziano a lanciare ortaggi, prima, e petardi, poi. Scena tra l’altro simile a quella già vista mezz’ora prima a Piazza Venezia, quando l’obiettivo era arrivare sotto Palazzo Grazioli. Ma stavolta gli studenti sono di più e più decisi. La celere carica pesantemente per far indietreggiare i giovani e rimandarli a Corso Vittorio Emanuele. Qui i primi feriti e fermati. Tutto finito, penso. Adesso sarà un corteo pacifico fino a Piazza del Popolo. Presto mi ricredo.
Inghilterra, il ruggito della piazza fosse un lontano ricordo. Ma non si era fatto i conti con Mister Starve, come lo chiamavano gli inglesi durante la rivolta di Brixton del 1981, ovvero la fame intesa come quel generale in grado di disporre come e quando la rivolta sarebbe scoppiata.



