da lavoce.info
di Massimo Baldini e Enza Caruso
LA GIUSTIZIA DISTRIBUTIVA NON VA ALL’UNIVERSITÀ
di Massimo Baldini e Enza Caruso 14.07.2010
La manovra prevede che nel triennio 2011-13 non vi saranno rinnovi contrattuali per tutti i dipendenti pubblici e, per il personale docente (istruzione e università), anche il blocco degli automatismi stipendiali legati all’anzianità di servizio. Quando si fanno tagli lineari su strutture retributive che progrediscono con l’anzianità si determinano effetti regressivi che ricadono sulle classi di stipendio più basse, determinando forti iniquità. Se invece si recuperasse il valore della capacità contributiva si potrebbero ripartire le perdite secondo proporzionalità. Meglio ancora, secondo progressività.
La manovra sul pubblico impiego di cui all’articolo 9 del decreto legge 78 del 31 maggio 2010 vale in termini di miglioramento sul saldo del conto della pubblica amministrazione complessivamente 11,3 miliardi nel triennio 2011-2013.
AUTOMATISMI BLOCCATI
Al netto delle misure sul pensionamento, il miglioramento si riduce a 4,3 miliardi, di cui 274 milioni, il 6,4 per cento, riguardano il blocco degli automatismi stipendiali del personale non contrattualizzato di diritto pubblico – docenti universitari, magistratura e dirigenti delle forze di polizia e delle forze armate – per i quali la retribuzione aumenta con l’età, e le classi stipendiali sono di diritto annualmente ancorate all’incremento medio delle retribuzioni dei dipendenti pubblici contrattualizzati, il che dovrebbe avvenire ogni anno entro il 30 aprile con dpcm.
In questa sede ci concentriamo sui soli docenti universitari, per motivi di disponibilità di dati, ma il discorso generale vale per tutto il sistema educativo italiano.
La manovra in sintesi dispone: 1) il blocco degli incrementi retributivi a titolo di adeguamento automatico per gli anni 2011-13 senza possibilità di recupero; 2) la non validità nel triennio 2011-13 degli automatismi stipendiali (classi e scatti) correlati all’anzianità di servizio. Misura, questa, non prevista per i magistrati per i quali è stato indicato fin dall’inizio il semplice differimento al 2014 del valore economico maturato nel triennio senza dar luogo a competenze arretrate.
Fatto sta che allo stato attuale di discussione in commissione bilancio al Senato, la seconda misura permane solo per il personale docente universitario. Per esso la manovra produce economie di spesa stimabili in 299 milioni nel triennio 2011-2013 e, cancellando tre anni dalla carriera dei ricercatori e dei professori, economie di spesa strutturali valutabili in 543 milioni nel triennio 2014-2016.
Detto in altri termini, ogni docente si troverà nel 2014 nella classe di stipendio in cui si trova oggi al 2010 come se tre anni non esistessero.
DISCRIMINAZIONI SENZA GIUSTIZIA
Un punto merita particolare attenzione: un taglio lineare su una struttura retributiva che progredisce con l’anzianità produce effetti regressivi che ricadono sulle classi di stipendio più basse e ciò è tanto più vero quanto maggiore è la curvatura della distribuzione dei redditi, determinando forti iniquità.
Ipotizzando che in assenza della manovra le retribuzioni lorde dei ricercatori e dei professori sarebbero cresciute a un tasso pari all’incremento medio degli ultimi tre anni, la figura 1 mostra le perdite percentuali sui redditi netti nel 2014 derivanti dalla combinazione delle due misure (blocco incrementi retributivi e blocco classi e scatti). È evidente che il prezzo più elevato viene pagato dai ricercatori non confermati, per i quali la manovra assume un peso che va dal 26 per cento al 34 per cento sul reddito netto. Per tutti gli altri, la manovra penalizza maggiormente chi ha da pochi anni ha ottenuto una promozione e ha poca anzianità nel ruolo.